Mi è sempre piaciuto questo quadro, mi fa pensare a mia madre, o ancora meglio a mia nonna, che per prima mi ha messo dei ferri da maglia in mano insegnandomi diritto e rovescio. Come quella bambina del dipinto, forse anch’io non sapevo ancora tenere bene in mano i ferri, ma lei con pazienza instancabile mi avrà aiutato, spiegato, corretto, facendo in modo che le mani trovassero poi da sole il movimento perfetto.
Anche mia madre mi ha insegnato, e insieme a lei abbiamo realizzato tanti progetti; da adolescente mi ha confezionato perfino un adorabile vestito rosso con gilet corto blu, che ho portato con orgoglio. Lei mi ha insegnato anche ad usare l’uncinetto, che però io non amo, preferendo sempre e comunque la maglia.
Io ho provato a trasmettere questa arte alle mie figlie, ma con scarso successo. Non so come mai, forse la mancanza di tempo, loro che erano così impegnate negli studi; forse solo l’epoca che durante la loro adolescenza non prevedeva più la moda di capi realizzati a mano: erano arrivate le felpe, più pratiche da lavare, si buttavano in lavatrice e via. E le T-shirt, pratiche maglie a maniche corte, colorate e adatte sia a femmine che a maschi.
Io stesso sono stata poi molti anni senza più sferruzzare, avevo trovato nell’argilla un’altra attività creativa, riprendendo i ferri in mano solo quando sono andata in pensione, e quando è nato il mio primo nipotino. Per lui ho voluto realizzare il suo primo golfino in lana, visto che oltretutto è nato in Canada e di novembre! In quell’epoca la scoperta che la maglia era tornata di moda, erano nati i primi knit cafè sulla moda americana (e quando mai qualcosa che era nostro, rivisto dagli americani poi non ci ritorna?), gruppi di knitter – donne e perfino uomini – che si riuniscono per sferruzzare in compagnia. Nuove tecniche, o vecchie riprese e rivistate, si affacciavano all’orizzonte, e io che sono di natura curiosa mi ci sono buttata a corpo morto per scoprirle e farle mie.
Il risultato è qua, in questa sorta di archivio storico dal 2005 ad oggi.